Centovele
letteratura italiana
Prova d'autore
2011
106
Prefazione La poesia di Luigi Carotenuto è pervasa dalla malinconia e dal dolore che proviene dagli spazi più belli e, nello stesso tempo, più tristi dell’anima. Una consapevole scelta lessicale del campo poetico, una lucida compatibilità collocazionale dei lemmi, una rigorosa occorrenza posizionale dei termini impreziosiscono l’impalcatura versificativa dell’ampio edificio del ricordo. Persistenti e incisive immagini mentali costellano la volta poetica dell’universo del Carotenuto, che riesce a piegare la parola al suo fulgente pensiero, focalizzando i nodi esistenziali dell’uomo, placcati di gioie e di effimere speranze. Il poeta ha la forza mentale e il rigore intellettuale per adagiare, con una saggia padronanza dei mezzi linguistici, la parola poetica nello scrigno stagionato della conoscenza. Ha l’abilità di intercettare le navicelle del pensiero che trasportano le cose più importanti della vita e di farle atterrare nell’arduo e difficile campo della poesia. I suoi versi sono un carosello fantastico di suoni, che s’intrigano e, nello stesso tempo, si divincolano a livello glottologico, speculativo, fantastico, dando origine a una soave melodia poetica. Luigi Carotenuto ama i valori, gli ideali, la bellezza. È affascinato dall’euritmia, dal senso della simmetria. Questo tipo di amore non ha però un destinatario. È un amore che si gusta in prima persona, nella solitudine costruttiva del pensiero, nella libera espressione della creazione artistica, nella serenità della meditazione, nell’esigenza temporanea di rimanere da soli con i propri ricordi e con i propri timori (“chi mi ama non mi segua†in Telegramma divino). Si tratta di una poesia della sofferenza (Come un sasso); il suo canto proviene dal silenzio di chi soffre, da un silenzio che ha il volto delle cose perdute. È una poesia dell’assurdo (Viole divelte) e dell’eclissi della vita rilevata sin dalla giovinezza: quando l’infanzia muore, nasce il dolore, assevera il poeta. Egli ha ricevuto durante l’adolescenza tremende batoste psicologiche, che, nel contempo hanno irrobustito il suo animo, trasformandolo in un modello di sensibilità poetica. Il Carotenuto si rifugia nella poesia per arginare la frana delle cose negative della vita che gli sono piombate addosso, per trasformare le lacrime in sorrisi poetici, per convertire il dramma interiore in valori e verità , per cambiare l’insofferenza del vivere con l’atto nobile dello scrivere. La sua parola scritta nasce, infatti, in uno spazio interiore di riflessione, che è in grado di sconfiggere l’opposizione della pagina bianca. Il poeta ama giocare con le parole (Aptagramma, La verve del verbo), con l’effetto doppio del lemma (“A tavola! A tavola! … sul far della sera disfar …in Effetto d’oppio, o in M’ama non m’ama) o Effetto d’oppio (“imparare la Bibbia a memoria Dio non ci vuole impreparatiâ€). La sua poesia è uno studio dell’esistenza dell’uomo, un viaggio nei comportamenti vitali. Il poeta nella pienezza conoscitiva rileva che Qualcosa mancava per stare bene. Dormire ho dormito mangiare ho mangiato lavorare ho lavorato Vivere? l’ho dimenticato (Qualcosa mancava) Alla constatazione di una mancanza rivolta al passato nell’incipit della poesia l’autore risponde con un’affermazione inchiodata nel presente. Egli si confronta con la vita moderna fatta di abitudini. Il vivere quotidiano è così preda della stanchezza che rompe la monotonia, innescando il movimento della coscienza. Vivere una vita nella consapevolezza che le forze del male hanno il sopravvento significa non vivere o vivere nel dolore. L’unico conforto che rimane è il pensiero attivo. Divagare divergere allestire un sole artificiale pernottare in loco virtuoso vitale sudare il senso universale Fermarsi Ripartire dalla gioia del dire. (La verve del verbo) È un modo per scoprire e capire se stesso e per rintracciare i segnali relazionali per conoscere la vita. Una poesia non ha un significato necessariamente e realmente compiuto come un brano di prosa, o, meglio, il significato è solo una parte della comunicazione che avviene quando si legge o si ascolta una poesia; l'altra parte non è verbale, ma emotiva. Arcobalenante gioia lungoprato fiorito fiorente finestra investita d'aria fresca ad altezza divina. (Blu chagall) È un metodo per cercare di domare le parole per piegarle al proprio pensiero. È una tecnica fine per lenire le tempeste interiori. Togliendo il “carrello†allo stormo verbale Luigi Carotenuto fa svettare il lessico nel difficile “spazio†delle emozioni, seguendo la faticosa rotta dell’ascesa verso la versificazione. Satana s'offre a stelle strisce e bisce Europa s'esibisce prostituta prostituisce merce avanzata avariata areata d'aria aclimatica climatizzata brace d'Africa immaginata fotoinfilzata fotoimpalata fotorinnegata 71 volte 7 depredata occhi cerulei vuoti di cielo di ceri di ceneri offerte al mare 9,99 probabilità di poterci salvare (9,99) Poiché la lingua nella poesia ha la doppia funzione di vettore sia di significato sia di suono, di contenuto sia informativo sia emotivo, la sintassi e l'ortografia possono subire variazioni (le cosiddette licenze poetiche) se questo è utile ai fini della comunicazione complessiva. Riferimenti baudelairiani (Alla passante di Baudelaire), chiasmi (La gravità del peso o il peso della gravità ), metafore e altre figure retoriche ancora puntellano l’impalcatura poetica del Carotenuto, che affetta con sagacia la realtà liricizzata e vissuta con patimento sino in fondo, erigendo, con un impavido impulso mentale, un originale edificio poetico. M'infransi contro gli scogli della terra e piansi (Beatitudo) Il cogito ergo sum di cartesiana memoria si ricompone in “penso dunque soffroâ€. Il lirismo del Carotenuto raggiunge l’acme quando, attraverso tappe tematiche passionali intermedie, affronta il concetto della morte e la sua poesia, filtrata dal vento malinconico di una vita vissuta con un’assenza importante, lascia un sapore e un alone di mestizia attraverso la “proiezioneâ€, nel nostro animo, di un tenero profilo di immagini significative imporporate dal tramonto di un sorriso e dall’aurora di una chiara fresca e dolce presenza come le acque del Petrarca.
Gaetano Vincenzo Vicari
Niscemi, 26 maggio 2011